Da stamattina saranno disponibili sul sito di ItaliaSicura le Linee Guida per la progettazione degli interventi per il contrasto del rischio idrogeologico; la versione definitiva arriverà il 18 luglio.

Lo ha annunciato ieri Mauro Grassi, Responsabile di Italiasicura, nel corso della tre giorni (7,8,9 giugno) “Citizen Observatories for Water Management”, conferenza internazionale sul tema dell’acqua, e in particolare nei settori della gestione del rischio da inondazioni e siccità e del monitoraggio ambientale, in risposta alle sfide della direttiva quadro sulla acque (2000/60/CE) e della direttiva alluvioni (2007/60/CE).

Stamane, alle ore 12.00 presso Palazzo Labia in campo San Geremia a Venezia, è previsto un appuntamento dal titolo “New solutions for territory monitoring”, dove i consorzi di bonifica porteranno una relazione sulle criticità nelle reti idrauliche minori.

Parteciperanno Andrea Crestani, Direttore di ANBI Veneto (Unione Regionale Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue), Lamberto Cogo, Direttore dell’area Tecnica del Consorzio di bonifica Adige Euganeo e Luca Finotto, Direttore Tecnico della Cae S.P.A., azienda di monitoraggio ambientale.

 

LE LINEE GUIDE

La prima versione è nata dalla collaborazione di Italia sicura con ANBI, Ispra e Rete delle professioni tecniche, con gli ingegneri e i geologi in testa.

Le Linee Guida, che orienteranno le attività di programmazione e progettazione dei lavori di riduzione del rischio idrogeologico, sono state redatte seguendo un approccio metodologico per successivi livelli di approfondimento. Ne è scaturito un testo interdisciplinare, dinamico e aperto alla collaborazione.

Gli interventi dovranno rispettare i principi di ‘valutazione e gestione’ previsti dalla Direttiva Alluvioni (2007/60/CE) e il quadro di pianificazione distrettuale, e dovranno tener conto dei benefici rapportati ai costi delle opere.

Le Linee Guida sono organizzate per gruppi di aree tematiche e schede di riferimento che definiscono l’indice di rilevanza rispetto ai fenomeni e l’inquadramento generale e danno indicazioni sugli interventi da realizzare.

Fondamentale la parte relativa alla valutazione e gestione del rischio: sono esplicitati i criteri di gestione ed è indicato come effettuare la valutazione comparata delle diverse opzioni tecniche, attraverso metodi anche semplificati di analisi benefici/costi. Gli interventi devono essere coerenti con la pianificazione e programmazione vigente.

Il progetto deve basarsi su una analisi sistemica che tenga conto degli aspetti spaziali, con particolare riguardo ai fenomeni indotti e il non aggravio del rischio alla scala del bacino idrografico, e degli aspetti temporali, con la verifica sull’intero ciclo di vita dell’opera.

Devono essere poi condotte specifiche valutazioni di carattere idrologico, idraulico-fluviale e geologico, analisi degli effetti dell’intervento sulla morfodinamica fluviale e costiera, sull’ecosistema fluviale, ripario e costiero e sulla chimica delle acque, degli effetti sociali ed economici dell’intervento e considerazioni relative alla resilienza dell’intervento, anche nei confronti di scenari di cambiamento climatico.

Dopo la pubblicazione della versione definitiva (18 luglio), partiranno 21 seminari di presentazione nelle Regioni e Pubbliche Amministrazioni. Successivamente sarà avviata la procedura di manutenzione del testo ‘a regime’, con aggiornamento semestrale.

IL DISSESTO IN VENETO

Per arginare il dissesto in Veneto servirebbero 273 opere per 2,4 miliardi. Con il Piano Città Metropolitane, #italiasicura ha affrontato prioritariamente i territori più densamente popolati.

Per il bacino dell’Alto Adriatico si tratta di 5 interventi (bacini di laminazione nelle province di Venezia, Vicenza e Padova) per un totale di 155milioni, 104 già trasferiti dallo Stato al Commissario di Governo, che in Veneto è il presidente della Regione.

Mauro Grassi, Direttore di Italiasicura: “Ma deve essere chiaro che gli interventi infrastrutturali non ci mettono al riparo dal rischio sempre più elevato dovuto ai cambiamenti climatici – conclude il responsabile della Struttura di Missione governativa – e il cittadino deve “autodifendersi” dal rischio. La capacità di reazione delle comunità sarà fondamentale per mitigare davvero i danni.”

In questo, l’Autorità di Bacino dell’Alto Adriatico (competente per i fiumi Isonzo, Livenza, Tagliamento, Piave, Brenta e Bacchiglione) rappresenta un’avanguardia in Italia. Oggi a “COWM16” è stato presentato il “modello Vicenza”, realizzato nell’ambito di un progetto internazionale, finanziato dalla Comunità Europea (“WeSenseIt”).

“La cittadinanza vicentina, messa alla prova dalla grave alluvione del 2010, era particolarmente sensibilizzata e si è fatta coinvolgere con grande entusiasmo – spiega il direttore dell’Autorità di Bacino Alto Adriatico, Francesco Baruffi – I cittadini daranno prova, nell’esercitazione prevista per venerdì 10 giugno, di come in caso di alluvione possano trasmettere dati alla centrale operativa con la loro app e contemporaneamente ricevere istruzioni sui comportamenti da tenere.”

Un territorio, quello del Nordest, particolarmente esposto: un comune su 5 nel Veneto (107 comuni) è classificato a rischio massimo. Un’area densamente urbanizzata, dove i danni economici, ma anche in termini di vite umane, possono essere estremamente elevati.

“Nell’area dell’Alto Adriatico abbiamo 2.000 chilometri quadrati alluvionabili in un tempo di ritorno di 100 anni – spiega Michele Ferri, tecnico dell’Autorità di Bacino – E’ chiaro quindi che dobbiamo lavorare sulla riduzione della vulnerabilità ed esposizione al rischio per mitigare i danni. Un test in un piccolo comune(Savogna-UD, 500 abitanti)   nel bacino trasnazionale (Italia-Slovenia) dell’Isonzo ci ha dimostrato che un osservatorio dei cittadini con tecnologie digitali può ridurre drasticamente i danni da alluvione, stimabili da 4 milioni a 1 milione. E’ chiaro quindi quanto sia importante investire in questa direzione. Quanto costa? Stimiamo 3,5 milioni per un bacino idrografico esteso 4.000 kilometri quadrati. Per tutto il nostro territorio di competenza si tratta di circa 30 milioni, che contiamo di riuscire a finanziare nei prossimi sei anni  anche con il sostegno dell’Unione Europea.”

Tecnologie digitali, ma anche investimenti in corsi di formazione con i volontari e nelle scuole superiori per intercettare i “nativi digitali”. Dopo Vicenza, la sperimentazione si estenderà prioritariamente ai bacini di Brenta e Isonzo nelle province più a rischio (Padova e Udine).