I cambiamenti climatici degli ultimi anni, di cui oltre agli eventi alluvionali come quelli che hanno colpito l’Italia in questi ultimi giorni, anche quelli di forte siccità, (2003, 2006 e 2012), hanno spinto il settore agricolo ad affrontare importanti criticità nell’utilizzo della risorsa idrica.

I Consorzi di bonifica, che annualmente provvedono a fornire acqua ad un territorio da 600 mila ettari (200mila ettari con irrigazione strutturata e 400mila con irrigazione di soccorso), hanno più volte evidenziato la necessità di una più moderna ed efficiente gestione dell’irrigazione in agricoltura, in quanto primo fattore di produzione e di valorizzazione dell’ambiente. Giuseppe Romano, Presidente Unione Veneta Bonifiche: “L’agricoltura viene vista sempre come maggior responsabile dei consumi della risorsa acqua, con un’incidenza a livello mondiale pari a circa il 70% dei consumi, quando invece, attraverso l’irrigazione, genera ambiente, paesaggio e contribuisce alla ricarica delle nostre falde.” Proprio per questo l’impronta idrica dei prodotti, sia agricoli che non (Water Foot Print), e la loro provenienza, apre una grande riflessione sulla sostenibilità dei consumi di questa importante risorsa.”

 

PRODOTTO

IMPRONTA IDRICA

1 foglio di carta

13 litri

1 fetta di pane

48 litri

1 mela

82 litri

1 tazza di caffè

132 litri

1 fetta di formaggio

152 litri

1 birra

170 litri

1 pizza margherita

1.216 litri

1 barretta di cioccolato

1.720 litri

1 hamburger

2.393 litri

1 T-shirt

2.495 litri

1 kg di riso

2.497 litri

1 paio di scarpe

8.547 litri

1 paio di jeans

9.982 litri

1 kg di carne di manzo

15.415 litri

 

Un chilo di carne di manzo ha un’impronta idrica ben più elevata di tanti altri prodotti, perché derivante dal consumo diretto di acqua da parte dei bovini e da quella utilizzata per l’irrigazione delle foraggere di cui si nutrono, ma è ancora più significativo che i beni materiali di non “prima necessità” come scarpe, abbigliamento, carta (1 solo foglio = 13 litri), ma anche caffè, cioccolata e birra, ormai di uso quotidiano, se sommati producano sicuramente un’impronta idrica ben maggiore di quella agricola. “Sono dati su cui invitiamo a riflettere. Non è certamente nostra intenzione sostenere una politica finalizzata a mantenere gli attuali consumi irrigui, quanto piuttosto sostenere adeguate politiche di gestione dell’acqua, volte all’ampliamento ed ammodernamento delle reti irrigue nelle zone strutturate, nonché all’infrastrutturazione delle aree dove si pratica l’irrigazione di soccorso. Un adeguato sostegno ai sistemi irrigui potrebbe derivare dalla realizzazione di bacini interaziendali per l’accumulo della risorsa; in alcune zone del Veneto, inoltre, il recupero e riutilizzo delle cave potrebbe trasformarle in grandi serbatoi con la duplice funzione di garantire approvvigionamento idrico nei periodi più aridi e di laminazione delle piene.”

Continua Romano: “Una migliore disponibilità d’acqua, sulla base delle esperienze degli ultimi anni, ha comportato modifiche colturali, differenti turnazioni, migliore strutturazione ed efficienza delle aziende agricole. Ad esempio, un’eventuale riconversione da seminativo a colture specializzate porta un incremento medio di produzione lorda vendibile di 14.500 euro/ha (tra grano/mais nei confronti di melo/pero/vite) e un aumento medio di giornate lavorative pari a 90 gg/ha.”

 

 

Esistono poi altrettanto importanti esperienze come il “Sistema Intelligente Irriframe”, una piattaforma informatica a supporto delle aziende agricole, che fornisce, attraverso l’invio di mail o sms, un consiglio irriguo puntuale e preciso su ogni tipologia di coltura.

Il sistema permetterà di ottimizzare l’utilizzo d’acqua, risparmiandone il consumo (fino al 30%), riducendo i costi di produzione e, in prospettiva futura, poter migliorare il sistema delle turnazioni rendendole più efficienti e razionali.  I Consorzi sono inoltre molto impegnati in interventi per preservare il buono stato dell’acqua, con aree di fitodepurazione per la riduzione dei carichi di nutrienti in Laguna di Venezia, azioni per la ricarica della falda acquifera e lo scongiurare della scomparsa delle risorgive, come le A.F.I. e i pozzi bevitori, aree di vivificazioni lagunari, creazione di aree umide e opere di sbarramento anti-sale contro la risalita del cuneo salino nelle aree a fronte mare. Conclude Romano: “Siamo inoltre grandi produttori di energia pulita, idroelettrica per la precisione: nel 2013 i 34 impianti idroelettrici e fotovoltaici consortili disseminati sul territorio hanno prodotto 36 milioni di kW/h annui.”

Il 2014, sarà inoltre un anno di grandi discussioni attorno al tema dell’acqua come fattore di produzione, infatti, aderendo al tema di Expo 2015 “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, i Consorzi di bonifica del Veneto, in collaborazione con i G.A.L. (Gruppi d’Azione Locale) della regione, parteciperanno all’importante appuntamento con un progetto mirato alla conoscenza delle vie d’acqua e delle peculiarità di un vasto territorio, che va dal Delta Po al litorale del Veneto Orientale.

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