Coldiretti, la sicurezza idraulica non si scambia col populismo
LENDINARA (RO) – Bonifica è sicurezza del territorio per tutti, non di alcuni. E in materia di spending review i consorzi di bonifica veneti, i due polesani in primis, hanno già attuato tutte le misure di cui altri parlano soltanto.
Una sintesi laconica, ma efficace, del messaggio che è arrivato forte e chiaro ieri sera (24 aprile) dal convegno su “I Consorzi di bonifica, tra sicurezza del territorio ed irrigazione”, che si è svolto a Lendinara, per l’organizzazione di Coldiretti Rovigo, col supporto della sezione e della zona dell’organizzazione agricola, ed il contributo di Cassa di risparmio del Veneto ed Agriventure.
Il presidente di Coldiretti Rovigo, Mauro Giuriolo, ha sottolineato che: “Il nostro territorio è diverso perché paga l’abbassamento per subsidenza: i nostri consorzi pompano acqua quotidianamente per permettere ai cittadini e a tutte le attività produttive, non solo all’agricoltura di stare all’asciutto. Ma la sicurezza idraulica di cui adesso godiamo, non è un dato scontato: va conquistata con le risorse opportune”. E sulle propose di abolizione dei consorzi di bonifica ha detto: “Più che sforbiciate, siamo al populismo. Bisogna avere il coraggio di dire che la bonifica che garantisce la sicurezza del Polesine, non funziona allo stesso modo che nel resto d’Italia. E mi meraviglio di altre organizzazioni agricole che sostengono l’inutilità dei consorzi”.
In platea anche il sindaco Alessandro Ferlin, che ha aperto i lavori, con parte della giunta, e il sindaco di Lusia Luca Prando, a sottolineare la rilevanza pubblica del tema trattato e le radici agricole del territorio, ove si sta svolgendo l’edizione 408 della fiera di San Marco, nell’ambito della quale il convegno di Coldiretti è divenuto un appuntamento fisso. Al tavolo dei relatori, i vertici della bonifica veneta, col presidente dell’Uvb (Unione veneta bonifiche) Giuseppe Romano, e quelli del Consorzio di bonifica Adige Po, il direttore Fabio Galiazzo ed il presidente Giuliano Ganzerla. Ganzerla ha dato il là alla serata affermando che: “Per noi polesani, è abbastanza normale parlare di bonifica collegata alla salvaguardia del territorio e alla gestione delle acqua irrigue, ma nel resto d’Italia, il luogo comune è che in Polesine ci sia acqua a volontà e che non ci sia bisogno di alcuna irrigazione”.
Romano ha ricordato che in Veneto, prima regione italiana a riorganizzare la bonifica con la legge 12/2009: “I consorzi di bonifica sono ridotti da 20 a 10. Gli organi amministrativi sono passati da 600 consiglieri eletti a 200; i presidenti ed i vice da 20 a 10; i revisori da 60 a 10. Il risparmio della riorganizzazione è stata di 5 milioni di euro l’anno. In 4 anni la contribuzione è aumentata solo dell’un per cento e non si sono tagliati servizi. Dei 120 milioni di contribuenza, i consorzi di bonifica ne hanno spesi 50 per manutenzione e 70 per le opere dei Piani irrigui nazionali. I consorzi preservano la sicurezza idraulica e garantiscono l’irrigazione ad un’agricoltura d’eccellenza su 18 mila km di rete di scolo, 8.500 km di rete irrigua, 400 idrovore senza le quali un terzo del territorio regionale sarebbe in costante rischio allagamento. Francamente – ha concluso Romano – i consorzi di bonifica veneti hanno già dato”.
L’ingegnere Fabio Galiazzo, ha illustrato gli attuali cantieri aperti nel comprensorio Adige Po in base al Piano irriguo nazionale: in Altopolesine sul Cavo maestro, sul Ceresolo, a Cavarzere per il ripristino dell’alveo Adigetto. Ha però rilevato che la subsidenza in Polesine ha devastato il regime idraulico costringendo i consorzi ad opere straordinarie per compensare i continui dislivelli tra il territorio ed i principali corsi d’acqua. “Per fare un chiaro esempio – ha detto Galiazzo – il Collettore Padano è stato costruito a fine ‘800 per scolare in modo naturale tutto il territorio tra il Canalbianco ed il Po. Ebbene, questo non è più possibile per l’abbassamento del suolo: ogni goccia che cade in queste zone deve essere pompata fuori. A questo pensano due impianti idrovori, uno a Cavanella Po che pompa 55 metri cubi al secondo, l’altra a Bresparola con un pompaggio di 45 metri cubi al secondo”. “Ma il Polesine – ha concluso – ha raggiunto livelli di sicurezza idraulica non inferiori a quelli delle zone più insediate ed industrializzate d’Italia: pensiamo alle alluvioni in Veneto nel 2010 o a quelle più recenti. Il Polesine non ha praticamente avuto conseguenze. Ma non possiamo fermarci dallo studiare i fenomeni idrici, soprattutto coi cambianti climatici degli ultimi anni”.