Dal 2010 i Consorzi hanno realizzato per conto della Regione opere idrauliche per 192 milioni di euro. Imprese pagate ma i debiti non son stati saldati
“Attendiamo 60 milioni di euro dalla Regione, non possiamo più aspettare” è il messaggio chiaro e senza giri di parole di Giuseppe Romano, Presidente di Anbi Veneto, l’unione regionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue.
All’indomani dell’alluvione di Ognissanti, i Consorzi di bonifica, seppure in fase di riorganizzazione e spending review, hanno agito secondo priorità presentando immediatamente un quadro delle opere cantierabili necessarie e indispensabili per garantire ai cittadini una maggiore sicurezza idraulica. Dal 2010 ad oggi sono stati così realizzati 251 cantieri con un investimento pari a 192 milioni di euro di opere in concessione, le cui risorse sono di provenienza regionale o in alcuni casi commissariale o della Legge Speciale di Venezia.
A questi si aggiungono inoltre altri 155 cantieri che hanno comportato un investimento totale di 20 milioni di euro con risorse proprie consortili.
Romano: “Questi sono dati che non possono lasciare indifferenti. Come Consorzi di bonifica ci siamo attivati fin da subito (vedi in tabella le opere più importanti).”
Si tratta di una serie di interventi che si sommano al grande piano per la sicurezza idrogeologica messo in campo dalla Regione Veneto.
Il ripetersi di eventi calamitosi ha portato l’ANBI (Associazione Nazionale Consorzi di Gestione e Tutela del territorio e acque irrigue) a stilare annualmente un “Piano nazionale per la riduzione del rischio idrogeologico”. Lo scorso febbraio, di fronte all’unità di missione #italiasicura, Anbi Veneto ha sottolineato come i progetti necessari per un Veneto idraulicamente sicuro siano 685, traducibili in un investimento da 1,7 miliardi di euro; negli ultimi 5 anni l’aumento degli interventi è stato del 37,5%.
Negli anni la Regione del Veneto ha sempre rispettato gli impegni, tranne negli ultimi due anni, dov’è venuta a mancare la disponibilità di cassa.
I Consorzi di bonifica, tuttavia, hanno continuato a pagare le imprese a cui sono stati appaltati i lavori, sostituendosi alla Regione.
“Di crediti quindi si può fallire, non per mala gestione ma per eccesso di fare – sottolinea Romano-.”
Grazie ai 140 milioni di euro che introitiamo ogni anno con la contribuenza continuiamo a far opere ma i 60 milioni di crediti che aspettiamo dalla Regione rischiano di diventare un fardello troppo pesante da sostenere, con la paura prima o poi si possa fermare l’attività.
La suddetta situazione è stata generata, in particolare, da tre vicende: Il Patto di Stabilità che ha vincolato fortemente le casse pubbliche, la questione dei crediti commerciali, in cui la Regione non ha inserito i fondi stanziati ai Consorzi di bonifica per le opere in concessione tra questi crediti, venendo meno la priorità di pagamento. I Consorzi non sono stati quindi riconosciuti tra i beneficiari dei crediti della Pubblica Amministrazione. Terzo e ultimo punto l’armonizzazione e pareggio di bilancio con il passaggio dalla competenza alla cassa.
“Si tratta d’indici di efficienza che difficilmente si possono riscontrare in altre realtà – conclude Romano – e per questo il Veneto dev’essere orgoglioso. Tuttavia, non possiamo compromettere tutto questo per un eccesso di zelo.”