I Consorzi di bonifica del Veneto mostrano preoccupazione riguardo all’andamento climatico: negli ultimi due mesi, secondo dati ARPAV, le precipitazioni sono state in calo del 97% rispetto alla media. Una situazione già vista l’anno scorso che mette in serio pericolo le nostre coltivazioni.
2 millimetri: Questa la quantità di pioggia caduta dal cielo lo scorso dicembre. Il mese di gennaio non ha segnato una svolta, anzi, solo precipitazioni modeste: mm 10-25 sul Veneto centrale, mm 2-10 sulle Prealpi, mm 1-10 nella parte meridionale veneta.
Un film già visto nel 2015 che ha fatto scattare la paura di un’altra stagione invernale siccitosa. Se analizziamo la media stagionale (1994-2015) nel trimestre ottobre-dicembre del 2016 gli apporti precipitazionali sono stati di 228 millimetri ovvero del 30% inferiori alla media.
Si tratta di dati che abbiamo riscontrato in misura così rilevante solo negli ultimi 2 anni. Nel 2015 infatti, i mm di pioggia caduti nell’ultimo trimestre dell’anno ammontavano addirittura a mm 149 (-55%).
“C’è stato un crollo delle precipitazioni”
commenta Giuseppe Romano, Presidente di Anbi Veneto.
Per trovare una piovosità in linea come le medie del periodo (mm 83) dobbiamo tornare al dicembre 2014, quando la quantità di pioggia si attestò sugli 89 millimetri.
Piogge e risorse nivali pressochè inesistenti, accompagnate da una prima decade di gennaio con temperature molto basse per numerosi giorni consecutivi, ha generato l’attuale situazione di crisi idrica, paragonabile, come detto, solo al 2015. Nell’ultimo fine settimana la neve ha raggiunto dai 5 ai 15 cm sopra i 2000 metri, mantenendo pressochè inalterata la situazione.
Prevalgono quindi segnali di siccità severa su gran parte della pianura padana, estrema in alcune località del portogruarese
L’Assessore all’Agricoltura della Regione del Veneto Giuseppe Pan
L’Assessore all’Agricoltura della Regione del Veneto Giuseppe Pan concorda: “La perturbazione arrivata sabato scorso sul Veneto, che ha portato un po’ di neve in montagna e pioggia in pianura, non è stata sufficiente per rigenerare la nostra riserva idrica. E’ ormai da qualche anno che siamo di fronte a fenomeni atmosferici sempre più accentuati. Lunghi periodi di siccità spesso si alternano a brevi ma violente precipitazioni. Dobbiamo fissarci come obiettivo quello di trattenere l’acqua quando ce n’è in abbondanza, per rilasciarla in periodi in cui manca.”
L’agricoltura veneta registra qualche sofferenza, ma non lancia per ora nessun allarme. Le esigenze irrigue restano appannaggio delle aziende con produzioni orticole in serra.
Secondo Romano non è escluso che nel breve periodo possano emergere, qualora la temperatura aumentasse, ulteriori esigenze connesse alle colture orticole e vernine.
“La vera preoccupazione però è rivolta a primavera. Speriamo nel prossimo mese nevichi in montagna, altrimenti le falde e gli invasi non riusciranno a ricaricarsi”.
Una criticità che rischia di diventare perenne e mettere così in pericolo il patrimonio agroalimentare del Veneto (si rischia una perdita del 20-30%), che oggi è la prima realtà del Paese, con una produzione lorda vendibile di 5,5 miliardi di euro.
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono poi aggravati dalle criticità territoriali dell’infrastrutturazione irrigua.
“In Veneto – secondo Romano – esiste una zona pedemontana e di alta pianura di 200.000 ettari con irrigazione strutturata ed un’area di 400.000 ettari di media – bassa pianura con irrigazione di soccorso che necessita di essere infrastrutturata ed efficientata, per rispondere alle esigenze di un’agricoltura sempre più moderna e specializzata ma anche ingiustamente sottoposta a pesanti critiche perché considerata tra le principali responsabili dello “spreco” di acqua.”
La messa in asciutta di condotte o canali che servono tali aziende può arrecare pesanti danni, così come le forti escursioni del livello dei canali in questo periodo possono arrecarli a sponde ed argini, compromettendo di fatto la stagione irrigua.
“È necessaria una politica di investimenti importanti. I 300 milioni di euro –conclude Romano- messi a disposizione dal Piano Operativo Nazionale, non sono sufficienti, senza considerare che stiamo aspettando da anni l’applicazione del PON 2014-2020 stesso. Oggi siamo a metà programmazione e ancora non abbiamo novità.”
Anbi Veneto ha partecipato lo scorso 19 gennaio all’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici nel Distretto idrografico delle Alpi Orientali, istituito dal Ministero dell’Ambiente la scorsa estate attraverso specifico protocollo firmato dai soggetti che hanno competenza sulle risorse idriche all’interno del Distretto, al fine di coordinare il lavoro di raccolta dati per quanto concerne le risorse nivali e idriche in generale.
Su tutti i principali fiumi veneti le portate medie mensili sono risultate nettamente inferiori alle medie storiche ed oramai prossime a quelle minime, ad eccezione del fiume Po, che sta ancora beneficando delle forti precipitazioni avvenute in Piemonte alla fine di novembre.