Aumenta il consumo del suolo e conseguentemente diminuisce la capacità di assorbimento dei territori a scapito della sicurezza idraulica, ma anche di biodiversità, agricoltura, paesaggio. I dati presentati da Ispra nel Rapporto sul Consumo di Suolo 2023-2022 fotografano uno scenario ancora molto distante dal quel Consumo di Suolo Zero, obiettivo fissato da Parlamento e Consiglio Europeo per il 2050.

In epoca di cambiamenti climatici, l’Italia, paese a forte rischio idraulico per la conformazione idrografica e orografica, ha visto nel 2023 aumentare la cementificazione del +0,33% rispetto al 2022, + 72,5 km² di suolo consumato che, al netto dei terreni rinaturalizzati, si attesta sui 64 km². A guidare la classifica del regioni, è il Veneto, con 891 ettari lordi di cementificazione in più rispetto al 2022. A onor del vero, il dato scende sensibilmente se si considera il valore netto: 609 ettari, con una differenza di 282 ettari derivante in gran parte dalla chiusura delle aree adibite a cantiere per la costruzione di infrastrutture. Complessivamente, il Veneto si conferma come la seconda regione per superficie degradata: 217.520 ettari, pari a 11,86% del territorio. Guida la poco invidiabile classifica la Lombardia con 290.979 ettari di suolo consumato, pari al 12,19% del territorio.

È evidente come l’aumento di impermeabilizzazione del terreno riduca la capacità di assorbimento dell’acqua piovana limitando la resilienza al cambiamento climatico. Il tema è di massima attualità: l’anno idrologico da poco conclusosi ha segnato il record di 1.595 mm di pioggia caduta tra ottobre 2023 e settembre 2024. +44% rispetto alla media degli ultimi 30, periodo nel quale il l’anno idrologico 2023-2024 si posiziona al secondo posto tra i più piovosi.

Il presidente di ANBI Veneto Francesco Cazzaro evidenzia che “da un lato si investono risorse per la sicurezza idraulica dall’altro si assiste a un continuo aumento del consumo del suolo, processo che riduce la capacità di assorbimento dell’acqua nel terreno e mantiene alto il rischio idraulico in una regione in gran parte sotto il livello del mare. Il continuo processo di cementificazione a cui è sottoposto il Veneto complica una situazione già resa difficile dal cambiamento climatico che si manifesta con periodi siccitosi e precipitazioni estreme.”

“In un territorio in gran parte sotto il livello del mare e a rischio impaludamenti – continua il presidente di ANBI Veneto – , i Consorzi gestiscono 26 mila chilometri di canali, 400 idrovore, 108 bacini anti allagamento per oltre 9 milioni di metri cubi invasabili: il processo di adeguamento delle infrastrutture ai cambiamenti climatici procede di giorno in giorno ma viene rallentato proprio dall’azione dell’uomo. Si pensi alla rete idraulica che, oltre a dover gestire enormi quantitativi di acqua derivanti dagli eventi estremi, è sottoposta a ulteriori carichi derivanti dalla ridotta capacità del terreno di assorbire la pioggia.”

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