“La nostra attività, da sempre votata a garantire la salvaguardia del nostro territorio e a favorire un’agricoltura di pregio, si trova oggi in dovere di dare una forte risposta a chi, con le trivellazioni, va contro i nostri principi e attacca la salute dell’ambiente in cui viviamo. Siamo dalla parte di chi difende il territorio indipendentemente dal guadagno economico. Come abbiamo condannato l’urbanizzazione selvaggia faremo altrettanto su questo fronte. Per questo sosteniamo i consorzi di bonifica polesani nella loro campagna ed il 17 aprile voteremo sì.”
Questa la decisione di Giuseppe Romano, Presidente di Anbi Veneto (Unione Regionale Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue) che aggiunge: “quando parliamo di trivelle offshore, non possiamo escludere incidenti che danneggerebbero un territorio unico, oggi Patrimonio Unesco, come il Delta del PO e tanto meno possiamo esimerci dal parlare di subsidenza e dei suoi devastanti effetti.”
Gli effetti della subsidenza nel Delta del Po, ovvero il compattamento dei terreni più profondi causato dal peso di quelli superficiali, il polesine ha avuto modo di conoscerli già negli anni ‘50 e ‘60, quando a seguito delle massicce estrazioni il territorio si abbassò mediamente di oltre 2 metri, con punte di 3,5 metri. L’effetto sulle coste fu devastante, tanto che lo Stato dovette ricostruire gli argini dei fiumi (480 km) e a mare (80 km), per evitare infiltrazioni e alluvioni.
“La storia non deve ripetersi.” Un ulteriore sfruttamento del territorio comporterebbe un serio rischio per la sicurezza idraulica polesana, con un aumento sensibile dei costi di gestione. La spesa in termini di energia elettrica per garantire il funzionamento degli impianti di sollevamento polesani oggi vale circa 4,5 milioni di euro all’anno. Una cifra interamente sostenuta dai cittadini polesani, che si trovano a pagare anche quei danni creati per il guadagno dei pochi che hanno sfruttato 60 anni fa i giacimenti metaniferi. “Si tratta di un problema ambientale ed economico che ci riguarda da vicino – commenta Romano- e i Consorzi di bonifica, così come la Regione del Veneto sta invitando a fare, voteremo sì al referendum del 17 aprile.”
Secondo fonti ufficiali, nelle piattaforme oggetto del referendum viene estratto gas e petrolio pari al 3 e all’1% del nostro fabbisogno nazionale. Una quantità irrisoria a fini energetici, considerando, negli ultimi anni, il calo dei consumi di gas del 21,6% e di petrolio del 33%. Come ammesso dal governo le riserve certe di petrolio nei nostri mari equivalgono a 7,8 settimane di consumi nazionali, mentre per il gas si parla di 6 mesi. Piuttosto incentiviamo l’utilizzo di fonti rinnovabili, attraverso una seria promozione della ricerca e dell’innovazione per il risparmio e l’efficienza energetica.
“Il vero petrolio – conclude Romano – è la bellezza delle nostre coste, della nostra storia, cultura, del territorio in cui viviamo e operiamo ogni giorno per renderlo migliore.”