La grave ondata di maltempo che si è abbattuta su gran parte del Paese e che è culminata il 3 novembre con il colpo di coda del ciclone Ciaran non ha risparmiato il Veneto, colpito da forti piogge e venti che hanno causato l’ingrossamento dei fiumi ben al di sopra della soglia di attenzione e, in certi casi, tracimazioni e allagamenti. Diversi i fattori hanno evitato il disastro su vasta scala: si va dal funzionamento dei diversi bacini di laminazione sparsi nel territorio regionale all’alto livello di precisione dei sistemi di previsione e telecontrollo messi a punto negli anni. Per certo, ha funzionato la macchina organizzativa che vede il sistema dei Consorzi operare sempre a fianco e in coordinamento con la Regione del Veneto e della Protezione Civile. Migliaia di km di canali consortili svuotati per raccogliere le piogge intense, le 400 idrovore in funzione, piccoli e medi invasi a protezione di campagne e centri abitati: sono tutte misure che hanno mantenuto in sicurezza il territorio contenendo il più possibile i danni. Il Governatore del Veneto Luca Zaia ha chiesto lo stato di calamità; i danni, a bilancio ancora da redigere, appaiono comunque limitati in relazione alla violenza dei temporali.

In un contesto generale di allerta arancione e rossa, la situazione più difficile si è verificata nel Veneto Orientale, nella giornata del 3 novembre, a causa di un vasto allagamento dovuto al canale scolmatore Cavrato che non è riuscito a scaricare nella laguna di Caorle le acque della piena del Tagliamento. Il consorzio di Bonifica Delta del Po ha fornito al Consorzio di Bonifica Veneto Orientale alcune pompe mobili a supporto delle idrovore presenti per sollevare l’enorme quantità d’acqua nei territori allagati.

Il ruolo dei bacini di laminazione

Dopo l’alluvione del 2010, la Regione del Veneto ha avviato un piano di bacini – 23 invasi per 2 miliardi di euro – che ha contribuito a mettere in sicurezza gran parte del territorio. In questi giorni sono stati fondamentali il bacino del torrente Muson, che ha salvato per due volte in una settimana Castelfranco Veneto (Tv), il bacino di Caldogno, che ha accolto 600 mila metri cubi d’acqua (su una capienza totale di 4 milioni) e ha salvato Vicenza; e il bacino di Montebello Vicentino, che ha trattenuto 800 mila metri cubi d’acqua che altrimenti avrebbero allagato parte del Vicentino e del Padovano.

Ruolo fondamentale hanno avuto anche le deicine di invasi di piccole e medie dimensioni sparsi nel territorio che hanno preservato strade e quartieri soprattutto nella zona pedemontana maggiormente colpita dal maltempo.

 

NOTIZIE DAI CONSORZI MAGGIORMENTE INTERESSATI

Comprensorio di Bonifica Veneto Orientale

Il Veneto Orientale è stato il comprensorio più colpito dal maltempo, qui si sono registrati gli allagamenti maggiori (il 3 novembre a causa della piena del Tagliamento) e danni alle coste a causa del forte vento.

Il Consorzio nelle sue informative ha evidenziato come già a partire dalla notte del 30 ottobre i livelli di marea, già  sostenuti, a seguito del forte rinforzo del vento di scirocco fossero aumentati fino a quote superiori a + 1.60 m. La piovosità media (circa 20 mm) non destava preoccupazione per  i livelli della rete dei canali di  bonifica, che le maestranze del Consorzio tenevano sotto controllo.

Nel corso della mattinata del 31 la marea ha nuovamente raggiunto livelli intorno a +1.30 m.

Nella mattina del 3 novembre si sono registrati quantitativi di pioggia sul comprensorio intorno ai 50mm, superiori ai modelli previsionali contestualmente all’attenuarsi progressivo del forte vento di scirocco.

La rete di bonifica non ha avuto significativi problemi, con il personale di servizio che nel corso della notte ha comunque dovuto effettuare alcuni interventi per consentire il corretto funzionamento di alcuni impianti idrovori e con alcuni punti di particolare attenzione mantenuti sempre sotto controllo.

Sempre nella giornata del 3 novembre, verso mezzogiorno, la temuta piena del Tagliamento transitante tra San Michele al Tagliamento e Latisana ha messo a dura prova le opere di bonifica della parte orientale del comprensorio.

La foce del canale scolmatore Cavrato si è dimostrata ancora una volta insufficiente per scaricare a mare le portate di piena derivate dal Tagliamento, nonostante il picco di alta marea (+110 cm) non fosse eccezionale, mettendo così in crisi l’intero sistema della laguna di Caorle e comportando sovralzi nelle quote idrometriche di tutti i canali che vi afferiscono tali da provocare tracimazioni dagli argini perimetrali dei bacini Terzo e Settimo, in comune di San Michele al Tagliamento, Brussa e Villa nel Comune di Caorle. Le grandi pressioni cui sono stati sottoposti gli argini hanno provocato varie infiltrazioni sulle arginature, in particolare nei pressi dell’impianto idrovoro Villa, su cui si è intervenuti con il supporto di ditte di fiducia, e soprattutto la rottura dell’argine sinistro del canale Taglio in località Prati Nuovi.

Elevate quote idrometriche anche lungo l’asta del canale Brian dove si è formata un’infiltrazione nell’argine in località Fossà di San Donà di Piave, che è stata tamponata dal personale del Consorzio.

Mentre, la situazione di pericolo sta gradualmente rientrando in quasi tutte le aree interessate, la rotta sul canale Taglio purtroppo sta mettendo in seria difficoltà l’intero Settimo bacino, un’area agricola di 750 ettari, dove purtroppo quattro famiglie che vi risiedono hanno dovuto essere evacuate.

Si segnalano anche diverse cadute di alberi, uno dei quali ha danneggiato il tetto del magazzino dell’impianto idrovoro Palangon in comune di Caorle.

Per consentire il sollevamento delle acque il Consorzio di Bonifica Delta del Po ha inviato pompe di emergenza al Consorzio Veneto Orientale

 

Comprensorio di Bonifica Piave

Cinque anni dopo la tempesta VAIA  (28-30 ottobre 2018) il Piave desta ancora preoccupazione per le forti piogge che si sono abbattute nel Bellunese e nella pedemontana trevigiana nella settimana iniziata lunedì 30 ottobre con un livello di allerta rossa del rischio idrogeologico nel bollettino della Protezione civile. Nella notte del 30, sono entrante in funzione le casse di espansione consortili in area irrigua tra i comuni di Riese Pio X, Castelfranco Veneto e Castello di Godego.

Nella mattinata del 31 allo sbarramento del Piave di Nervesa è transitata l’onda di piena con una portata di circa 1000 mc/s (non paragonabili a Vaia che probabilmente ha superato 3000 mc/s) derivante da precipitazioni che sulla parte montana centrale del bacino del Piave hanno toccato i 150 mm in 24 ore (saliti a 200 a confine con il Friuli). Sulla pedemontana la precipitazione cumulata è arrivata a 70-80 mm, di cui però la metà arrivata nell’arco di 2 ora a fine evento, tra le 22 e le 24 di ieri sera.

Le piogge ovviamente hanno interessato anche gli altri corsi d’acqua del Comprensorio: a partire dal Monticano e Livenza. Tutti gli impianti idrovori sono entrati in funzione inclusi quelli che scaricano nel Piave a Zenson.

Venerdì 3 Il ciclone Ciaràn ha messo a dura prova la rete consorziale: da 30 mm nelle 24 ore nell’area 100 mm in 24 nella pedemontana, dopo un evento di poco inferiore solo martedì scorso. La piena del Piave registrata a Nervesa la mattina del 3 ha toccato i 1000 mc/s (seconda volta in tre giorni), nel comprensorio tuttavia non si sono registrate criticità particolari.

Un lavoro costante del personale consorziale durante l’intera notte del 2 novembre ha consentito di manovrare manufatti e controllare livelli in modo capillare prevenendo situazioni difficili.

Comprensorio di Bonifica Brenta

Già il 30 e 31 ottobre il personale del Consorzio (che ha sede a Cittadella, PD) è stato impegnato tra Marostica e Pianezze, insieme alla Protezione Civile e ai Vigili del Fuoco, per scongiurare il rischio esondazione causato da una tombinatura intasata da ramaglie e detriti vari.

Il Comprensorio, nella giornata di giovedì, è stato soggetto ad altre intense ma soprattutto continuative precipitazioni che hanno messo a dura prova la rete di competenza. Sono caduti mediamente, sommando i due eventi, tra gli 80 e i 120 millimetri di acqua, con piogge che sono state più consistenti nella fascia pedemontana. Svariati sono stati gli interventi effettuati dal personale consortile impiegato in prima linea nella gestione delle opere di bonifica, ma anche in situazioni di emergenza con l’utilizzo di escavatori e mezzi d’opera. Circa 30 persone sono state impegnate in maniera continuativa, a volte in affiancamento alle strutture di Protezione Civile o ai Vigili del Fuoco, intervenuti nei casi più gravi.

Le cinque casse di espansione consortili hanno funzionato in maniera puntuale, si sono tutte riempite e hanno evitato danni e allagamenti che sarebbero stati certi in caso non ci fossero state. Si citano in particolare la cassa di espansione tra Cassola e Mussolente sul rio Lugana, a Mussolente sui torrenti Trieste e Lugana, a Romano d’Ezzelino sui torrenti Dolzetta e Mardignon, a Mussolente sul rio Voloncello (realizzata a seguito della Superstrada Pedemontana Veneta), a Colceresa e Breganze sul torrente Riale (realizzata a seguito della Superstrada Pedemontana Veneta). Il Brenta, ha raggiunto rapidamente livelli di guardia raggiungendo in poche ore una portata di 550 metri cubi al secondo nella giornata del 31 ottobre.

Il Brenta è poi gradualmente sceso per risalire di nuovo in breve tempo tra la giornata di giovedì e venerdì portandosi di nuovo a valori di oltre 500 metri cubi al secondo. Sempre prezioso il ruolo del bacino del Corlo in funzione di trattenimento. Idrovore in funzione per prosciugare alcune aree golenali sul Bacchiglione.

Comprensorio di Bonifica Alta Pianura Veneta

Il personale del Consorzio di Bonifica (sede a San Bonifacio, Vr) è rimasto sempre in allerta ma, fortunatamente, non si sono verificate particolari criticità anche in virtù del fatto che, per far fronte alle violente precipitazioni, la Regione del Veneto ha attivato il bacino di Caldogno e la cassa di Laminazione di Montebello. La zona pedemontana tra le province di Verona e Vincenza ha registrato tra il 2 e il 3 novembre fino a 80 mm di pioggia. L’attenzione rimane comunque alta perché i livelli dei torrenti restano alti e sono previste nuove precipitazioni.

Comprensorio di Bonifica Veronese

Le forti piogge abbattutesi nell’alto corso dell’Adige tra il 30 e il 31 ottobre hanno comportato una piena del fiume che soprattutto a Verona ha destato molta preoccupazione e danni ai ponteggi del ponte Nuovo in ristrutturazione. Nella tarda serata del 31 ottobre è stata aperta la galleria Mori Torbole, per scaricare 3,5 milioni di metri cubi d’acqua dell’Adige sul lago di Garda ed evitare danni peggiori al capoluogo scaligero e al Polesine. L’ultima volta che la galleria è stata aperta è stato nel 2018 durante la tempesta Vaia. Complessivamente, dal 1960 la galleria è stata aperta una dozzina di volte. Il Consorzio di Bonifica Veronese (sede a Verona) ha vigilato sulla rete di competenza, non si sono segnalate criticità.