La conferma è arrivata a fine dicembre: il 2022 è stato per l’Italia l’anno più caldo dal 1800, da quando cioè esistono rilevazioni sulle temperature. A certificarlo è CNR-ISAC (Istituto di Scienza dell’Atmosfera e del Clima) che ha anche evidenziato come in diverse zone del Paese le temperature di dicembre 2022 sono state molto al di sopra della media degli ultimi trent’anni. Tra queste regioni figura sicuramente il Veneto che nell’ultima decade di dicembre ha visto temperature sopra la media e precipitazioni scarse, in linea con l’andamento dell’anno.

Il grave problema del 2022 infatti è stata la straordinaria siccità che caratterizzato fiumi, bacini di montagna, falde e depositi nivali.
Con 771 mm di pioggia in media contro una media di riferimento di 1100 mm il 2022 è l’anno più secco degli ultimi 30 anni: -30%, peggio del record del 2015. L’anno idrologico (ottobre 2022 – ottobre 2023 si è aperto in Veneto con un deficit di piovosità di 92 mm rispetto alla media 1994-2021.

L’inizio del 2023 è stato caratterizzato da diversi episodi di pioggia e nevi ma la situazione desta ancora apprensione soprattutto a causa dei bassi livelli delle falde acquifere; a metà gennaio, per esempio, gli acquiferi dell’alta pianura veronese segnavano livelli di 30-40 cm inferiori al precedente minimo storico per gennaio (2018).

Alla data del 15 gennaio le portate dei maggiori fiumi veneti sono quasi ovunque inferiori rispetto alla media del periodo: Po -36% (a Pontelagoscuro), Bacchiglione -55% (a Montegaldella), Adige -15% (Boara Pisani), Brenta -20% (Bassano del Grappa).

“Abbiamo un territorio che per mancanza di acqua, sia di pioggia che di acqua che scorre nei fiumi e nei canali, si sta modificando – spiega il presidente di ANBI Veneto, Francesco Cazzaro – , stiamo assumendo una colorazione del paesaggio tipica delle aree del sud Italia e, con questo trend, rischiamo di assumere caratteristiche proprie delle aree semidesertiche”.

Per far fronte a questo scenario, che oramai non può più essere affrontato con gli strumenti dell’emergenza, ANBI Veneto ha presentato alla Regione del Veneto, lo scorso 31 dicembre, il “Piano laghetti”, 88 proposte d’intervento atti ad aumentare la capacità del territorio di trattenere risorsa, riducendone pertanto la dispersione a mare.

Il piano prevede il recupero di cave dismesse, la realizzazione di bacini di pianura ad alto valore ambientale, l’allargamento delle sezioni dei canali e la bacinizzazione di corsi d’acqua verso il mare. Con il via libera della Regione, inizierà la caccia ai finanziamenti: 800 mln di euro complessivi, auspicando interventi da ministeri dell’Ambiente, dell’Agricoltura e delle Infrastrutture e trasporti.