Campagne a secco, scarse nevicate, acquiferi in calo. Il prolungarsi del periodo siccitoso che si sta registrando in Veneto configura all’orizzonte la tempesta perfetta. Una tempesta molto secca, in verità. A destare particolare preoccupazione, soprattutto in previsione della stagione delle irrigazioni, è la mancanza di acqua immagazzinata sottoforma di depositi nivali in montagna e i bassi livelli delle falde acquifere.

Poca neve in montagna oggi significa, in mancanza di piogge, poca acqua in pianura nei prossimi mesi. Paghiamo le scarse precipitazioni in bassa quota come in alta quota e soprattutto il disfacimento prematuro del manto nevoso a causa delle alte temperature – spiega Francesco Cazzaro, presidente di ANBI Veneto, l’associazione che riunisce gli 11 consorzi di bonifica e irrigazione regionali -. Questi depositi rappresentano solitamente un serbatoio d’acqua ancora più prezioso in primavera quando, con l’apertura della stagione irrigua, iniziano i prelievi nella rete idraulica secondaria che innerva il territorio e porta acqua alle campagne”.

Il dato più significativo proviene dal bellunese, sul bacino del Piave, dove in questo inizio d’anno il manto nevoso ammonta a 140 milioni di metri cubi d’acqua contro i 600 milioni di metri cubi di un anno fa. I primi a risentirne – dati Arpav – sono ovviamente i serbatoi montani, con un riempimento medio dei laghi alpini sul bacino del Piave pari a circa il 50% del volume invasabile e appena del 30% per i laghi alpini del bacino del Brenta, entrambi abbondante sotto la media storica (-40%). Ma i segnali d’allarme arrivano anche dal sottosuolo “la mancanza di precipitazioni anche nel mese di autunno ha comportato un abbassamento dei livelli degli acquiferi. I rischi maggiori si registrano nei territori costieri dove la mancanza d’acqua dolce nelle falde lascia spazio all’intrusione del sale marino”.

Il perdurare della siccità ha aggravato una situazione che già a dicembre segnava, sempre secondo Arpav, un 47% in meno di precipitazioni rispetto alla media del periodo, che scendevano al -63% nel bacino dell’Adige e al -60% nel bacino del Piave. Sempre a dicembre i principali fiumi regionali segnavano portate nettamente sotto la media: -51% per il Bacchiglione, -41% Brenta, – 33% Po, -20% Adige. A fine anno, l’indice SPI che misura la siccità nelle campagne, indicava un quadro di siccità da moderata ad estrema sul Polesine, nella Bassa Padovana e nella parte centro meridionale della provincia di Venezia “il quadro, a gennaio, è sicuramente peggiorato e a fine febbraio sarà già tempo di semine e trapianti e fioriranno gli alberi da frutto.

La situazione che stiamo attraversando – conclude ANBI Veneto – ci ricorda che non è più rinviabile la realizzazione di infrastrutture per conservare l’acqua. Serve ampliare la capacità degli invasi e servono nuovi bacini per l’acqua soprattutto in media pianura. Ma alla base di tutto serve soprattutto una pianificazione che si accompagni a dotazioni finanziare adeguate, soprattutto in questo periodo dove possiamo attingere dal PNRR. I consorzi di bonifica del Veneto stanno già realizzando opere finanziate tramite PSRN per 150 milioni di euro e hanno pronte opere per altri 300 milioni di euro.”

Foto: il Piave a Ponte di Piave, immagine della webcam di Arpav del 31 gennaio 2022